Cos’è lo statuto del lavoratore autonomo e cosa disciplina

Lavorare come freelance o libero professionista, come in ogni caso, ha i suoi pro ed i suoi contro. Dall’approvazione definitiva dello statuto del lavoratore autonomo, sicuramente, i contro rispetto alle tutele per i lavoratori subordinati, si sono ridotti.

Scopri insieme allo Staff di Unicusano Aosta cos’è e cosa prevede questo documento.

Il lavoratore autonomo: chi è e perché è stato necessario lo statuto

Indubbiamente finora sono esistite diverse differenze tra l’universo dei lavoratori subordinati e quello dei lavoratori autonomi. Responsabile della tutela dei diritti dei primi era l’imprenditore, o lo Stato. Mentre per i secondi, erano loro stessi a doversi preoccupare di ogni tipo di tutela. Dati i cambiamenti del mercato del lavoro e il passare del tempo, queste differenze andavano inevitabilmente sanate.

Lo scopo dello statuto del lavoratore autonomo è stato proprio questo: mettere nero su bianco tutti i diritti della categoria di cui lo Stato doveva farsi carico. Ma, prima di approfondire il tema, vale la pena sottolineare chi è il lavoratore autonomo.

Chi è il lavoratore autonomo

Il lavoratore autonomo è colui o colei che esercita la sua attività lavorativa in proprio, svincolato da un datore di lavoro e i cui contraenti sono clienti o committenti. Quanta libertà, non è vero? Eppure anche qui c’è il rovescio della medaglia. Come ti dicevamo, lavorare come autonomo non è facile principalmente per il cosiddetto rischio d’impresa. Il profitto in questo caso non è una “sicurezza” ma dipende dal mercato e perciò avere un reddito certo o altre garanzie è pressoché impossibile.

Autonomo e subordinato: le differenze

Per un lavoratore subordinato

L’imprenditore è tenuto ad adattare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo le particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.

Art. 2087 del Codice Civile

E grazie allo statuto dei lavoratori (L.300/1097) il dipendente può avere la sicurezza di una disciplina protettiva. A dare questa sicurezza al lavoratore autonomo è lui/lei stesso, o almeno fino alla stesura dello statuto del lavoratore autonomo è stato così. Ma perché è dovuto passare tutto questo tempo?

Due mondi opposti

Il mondo del lavoro oggi è decisamente più fluido di un tempo. Fino a qualche anno fa, i liberi professionisti erano decisamente distanti da coloro che erano dipendenti principalmente sotto il punto di vista economico. Nel primo caso le entrate erano più alte, quindi erano minori le necessità di forme di protezione reddituale, previdenziale o sociale.

Inoltre i subordinati avevano molte più possibilità di creare forme di associazione corporativa. In sostanza, potevano puntare sul numero e su obiettivi comuni per combattere per i propri diritti e tutelarsi contro regole “imposte dall’alto”. Necessità che il lavoratore autonomo medio, fino qualche anno fa, non ha avuto.

Un profondo cambiamento

Paradossalmente però oggi i ruoli sembrano essersi ribaltati, soprattutto nel caso delle false partite IVA. Si tratta di tutti quei lavoratori autonomi che hanno dovuto svolgere mansioni che sono a tutti gli effetti subordinate, facendosi però carico di tutti gli oneri del caso a totale vantaggio del datore di lavoro. Ma non è tutto: oggi quando parliamo di partite IVA non parliamo più solamente di liberi professionisti, ma anche dell’esercito di freelance. Lavoratori autonomi che, svolgendo attività di stampo piuttosto recente, si trovano completamente privi di strutture assistenziali e/o corporative.

Per questi, ma anche per altri motivi, è stato approvato lo statuto del lavoratore autonomo.

Cosa prevede lo statuto

Lo statuto del lavoratore autonomo è un insieme di normative il cui scopo è quello di tutelare l’esercizio di una professione da parte di un professionista dipendente. Le principali novità introdotte sono in materia di:

  1. Protezione contrattuale

    In fase di stipula di un contratto per l’esecuzione di un lavoro e/o la prestazione di un servizio, il committente non potrà più modificare unilateralmente le condizioni, recedere dal contratto senza preavviso, stabilire termini di pagamento superiori a 60 giorni e rifiutarsi di redigere un contratto scritto.
  2. Previdenza sociale

    La DIS-COLL (Indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata) è stata estesa anche agli autonomi. In questo modo, se iscritti alla Gestione Separata, e perdono involontariamente il lavoro, hanno diritto ad un’indennità valida per al massimo sei mesi.
  3. Paternità e maternità

    Al lavoratore autonomo, uomo o donna che sia, è riconosciuto il diritto al congedo parentale per al massimo 6 mesi entro il terzo anno di vita del bambino.
  4. Malattia

    In caso di malattia o infortunio (ed anche di gravidanza) il committente non può estinguere il contratto con il lavoratore autonomo che presta un’attività continuativa. Per malattie o infortuni che impediscono il lavoro per più di 60 giorni fino ad un massimo di 2 anni, è sospeso il versamento di contributi previdenziali e premi assicurativi.

A questo punto se hai il desiderio di lavorare in proprio sai quali sono i tuoi diritti. In alternativa, se la tematica del diritto del lavoro ti interessa ed hai una laurea potresti pensare ad un Master in Diritto e Processo del lavoro e della Previdenza Sociale. Così queste tematiche non avranno più segreti per te!

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